Non si nasce donna. Si diventa.

Ho letto questa frase di Simone De Beauvoir e mi ha subito colpito.
Sicuramente si presta ad almeno un paio di interpretazioni, se non di più.
Sarà anche per questo che mi piace particolarmente.

Per quanto mi riguarda, ci leggo una sorta di inno femminista in senso del tutto positivo, sia chiaro.
Per me è come se volesse dire che se nasci di sesso femminile non è poi così scontato che tu sia in grado anche di diventare una Donna, un giorno.
E non si tratta di età anagrafica, ma di qualcosa che hai dentro e che prima o poi esce. Oppure no.

C’è chi resta “femmina” per sempre e basta.
Fermandosi a quelli che sono bassi istinti, povertà di spirito e altre cose spiacevoli.

E poi c’è chi riesce a sbocciare e a diventare Donna, ovvero quella figura – a tratti quasi mitologica- che si nasconde nell’angolo più profondo della propria mente o del proprio cuore.
Sì, perché non tutte sogniamo di essere lo stesso tipo di donna.
C’è chi è più mente e chi più cuore.
Alcune, fortunate, sono un po’ entrambe le cose.
Grazie a Dio che esiste la diversità, altrimenti sai che noia?!

Io sognavo di essere una donna focalizzata solo sui miei interessi, con i miei obiettivi, la mia casa, le mie cose. Mio, mio, mio.
Per una vita al plurale non c’era molto posto.
Eppure, qualcosa, forse una saggia vocina interna, mi diceva che non stavo davvero bene. Ma non volevo ascoltarla, anche perché non sapevo come venirne fuori.
Non a caso, infatti, non riuscivo mai ad arrivare a un vero traguardo, anzi, nemmeno lo vedono in lontananza.

Ancor peggio era non capire cosa mi mancasse veramente.
Per anni ho creduto che fosse un riconoscimento scolastico, ma dopo la laurea sentivo che non era ancora abbastanza.
Poi ho creduto che fosse un lavoro, e quando ho ottenuto quello dei miei sogni insieme a persone meravigliose (Ambito5, tanto per rimarcare un po’ la mia nostalgia) non ero comunque pienamente soddisfatta.

Alla fine, dopo molto tempo, e trascinata dagli eventi non preventivati della mia vita, ho capito.

Mi mancava pensare a un Noi che fosse reale, pur continuando la mia scalata verso i soliti obiettivi. A questi, avrei dovuto aggiungere un tassello fondamentale. Ovvero, percorrere la strada in compagnia e provare a usare un “nostro” al posto di “mio”, ogni tanto.

“Se vuoi andare veloce, corri da solo.
Se vuoi andare lontano, corri in compagnia.”

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