Oggi mi sento un po’ “strana”.
Sarà la primavera, l’insonnia o la confusione mentale ma mi sembra di essere un po’ meno cinica.
Oggi, solo oggi. Lo giuro.
Guardo il cielo e lo trovo di un azzurro tremendamente bello. Le nuvole mi sembrano panna montata e la voglia di gelato scatta automatica. Fiordilatte (il mio preferito) e cioccolato fondente. I gusti che adoro in assoluto da sempre. Forse perché mi sento come loro sotto alcuni punti di vista: insieme nella coppetta possono sembrare molto diversi, contrastanti. In realtà in bocca sono perfetti. Una volta assaggiati non puoi più farne a meno. Il dolce e l’amaro. Il chiaro e lo scuro.
I nostri gusti parlano di noi. Non c’è nulla da fare.
Anche io sono così. Ho dentro il chiaro e lo scuro, il dolce e l’amaro. Che noia altrimenti, no?
In questi mesi mi sono sentita spesso portatrice di un enorme macigno sulla testa e sullo stomaco. Un peso che si chiama “senso di colpa”. Talmente grosso e ingombrante che a molti era ben visibile senza neanche essere costretta a dire una parola. Gli occhi, anzi, lo sguardo dicono molto di più.
Lasciare qualcuno e dire addio a una storia importante comporta anche questo tipo di sentimento, nonostante le ragioni e la sicurezza della decisione presa.
In queste occasioni chi va via è sempre quello che sbaglia agli occhi distratti altrui o quello che ha commesso un qualche sgarro egoista nei confronti di chi resta, nei confronti di chi soffre.
Che poi a soffrire si è sempre in due comunque.
Non sempre fare le scelte giuste comporta una gioia immediata. Comporta solo una grande speranza nel futuro e nel fatto che le cose potranno andare meglio di così.Un giorno.
I pettegolezzi, i gossip, le dicerie che si creano inevitabilmente intorno a una rottura sono sempre tanti e spesso falsi. E da pubblicitaria (perché lo sarò sempre) non posso che dire: “l’importante è che se ne parli”. A volte, però, ho avuto la sensazione nitida di avere come una sorta di “lettera scarlatta” tatuata addosso. Certe occhiate, certi sorrisi imbarazzati a un mio semplice “Ciao!” di certo non me li sarei aspettata da alcune persone. E all’inizio non mi ha fatto piacere. Con il passare dei giorni e dei mesi ancora meno.
Inutile ripetersi che in fondo nessuno è stato ucciso e che certe cose possano accadere. Inutile ripensare a quanti rospi, in silenzio, ho dovuto mandar giù per difendere un amore. Inutile pensare a quanti sorrisi forzati ho dovuto fingere quando in realtà l’unico desiderio era quello di piangere.
Liberarsi, senza lasciarsi dietro cadaveri non è semplice. Perché il rischio è di diventare uno di loro. In fondo, non riuscire ad andare davvero avanti vuol dire essere già un po’ cadavere. Non voler prendere nessuna decisione e aggrapparsi con le unghie al presente, al “qui e adesso”, mentre il flusso del tempo scorre e tenta di spingerti avanti è da cadavere a tutti gli effetti.
E allora non si dorme. Si mangiano gelati e si guarda il cielo con altri occhi. Con il desiderio di fermare tutto o per lo meno rallentarlo per riuscire a pensare in pace, per riuscire a perdonarsi.