Noi, immersi nella penombra della stanza.
Il tuo respiro che scandisce i secondi vicino al mio viso, vicino al mio orecchio.
Dormo stretta a te eppure riesco a sentire distintamente i rumori che provengono da fuori: un bambino che piange, un cane che abbaia e un uomo che parla di matrimonio al telefono. Suoni che cullano i miei pensieri fino a quando diventano fievoli sussurri.
Dalla finestra entra un po’ di luce. È giorno.
Ma non per me. Per me è notte, la nostra notte. E ricado nel sonno, fatto di sogni che non ricordo.
Ti svegli, mi baci le guance, poi scendi sul collo e lì ti fermi per qualche secondo per respirare me.
Mi chiedi se preferisco dormire. Faccio “no” con la testa e con gli occhi ancora chiusi ti stringo a me, forte.
Tenendo il tuo volto tra le mani ti bacio e inarco un po’ la schiena per permetterti ti abbracciarmi prendendomi dalla vita. In un attimo siamo uniti, ancora, e ti bacio come se non esistesse nulla oltre a te.
I rumori spariscono, resta solo il mugolio di un cane spettatore ignaro di tutto.
Spariscono i sogni sfocati per lasciare posto a immagini confuse di noi, immersi nella penombra della stanza.
Restare lì, uno accanto all’altra. Sfiorarti la schiena, il braccio e ripeterti cose già dette.
Lasciare che i pensieri fluttuino senza senso logico.
Un turbine di domande senza risposta e di dubbi senza fondamento.
Infine alzarsi e tornare alla normalità.
Guardarti, salutarti e andare via.
Ognuno per la sua strada, come un addio.