Mi ero riproposta di non scrivere quando sono arrabbiata.
Ho ceduto.
Chi ha una qualche passione sa bene che non è solo un hobby, ma anche una valvola di sfogo. Un calmante naturale senza controindicazioni. O quasi.
Oggi vorrei urlare e avere il coraggio di alzare il telefono per dire: “Tu, sai cosa ti meriti tu? Quello che hai. Niente.”
Sì, perchè quando non hai più una famiglia, per me non hai niente.
Posso assicurare che è dura costruirsi una qualche autostima e sicurezza quando questa viene lacerata da anni e ogni volta che con fatica, impegno e tanta ma proprio tanta pazienza, riesci a ricucire il tutto accade qualcosa che in un millesimo di secondo strappa via il lavoro fatto. Di nuovo.
E via, si deve ricominciare a rammendare.
Che poi io non so nemmeno attaccare un bottone. Figuriamoci riassettare una vita.
Buttare giù il groppone, che sembra una palla di pane enorme tanto ti senti soffocare, brucia ogni volta come la prima. Anche se poi ti abitui. Più o meno.
Ti isoli, perchè hai il bisogno di ascoltare il tuo dolore senza altri rumori di fondo.
E lo ascolti, mentre ti sussurra all’orecchio che devi essere forte.
E mentre ti sussurra sembra aggrapparsi da dentro con le unghie e grattare via con forza quello che trova sulla sua strada.
E sanguini.
Ah no, piangi e basta.