Il giorno esatto in cui diventai pazza non lo ricordo con precisione.
Forse è stato un passaggio graduale o magari è successo un giorno qualunque di febbraio. In una di quelle fredde giornate dove il vento ti entra nelle pieghe del cappotto e la strada che ti separa da casa sembra più lunga del solito. Non so nemmeno dire se a un certo punto della mia vita tutto sia cambiato oppure fossi io a mutare.
L’unica cosa certa è che all’improvviso quel giorno, guardandomi intorno, ho cominciato a vedere dettagli che prima non riuscivo nemmeno a scorgere. Al contrario, si affievolivano fino a scomparire macigni enormi come edifici.
L’atmosfera inziò a riempirsi di luce bianca e calda. Un’eco lontana sussurrava al mio orecchio giovani risate.
Frastornata cominciai a girare su me stessa alla ricerca di una spiegazione logica delle mie visioni.
Il quel momento la luce lasciò spazio a un’esplosione di colori vivaci che mi travolse e mi portò con sé, lontano, in un posto di cui non avevo memoria ma che sentivo familiare e sicuro.
Mi sentivo leggera, come se stessi galleggiando nell’aria. D’istinto, quindi, mi guardai i piedi e mi accorsi che era proprio così. Fluttuavo almeno due metri da terra o giù di lì. Invece che spaventarmi cominciai a ridere fragorosamente. Continuavo a pensare: “Nonostante quello che ho mangiato sono così leggera da volare!”
Più ridevo, più salivo. E più salivo più avvertivo sul viso piccoli moscerini spiaccicarsi sulle mie guance. Ne presi uno in mano e lo guardai. Non era un insetto, ma una piccola nota musicale. Incuriosita protesi le braccia verso l’alto, per cercarne di altre, e mi innalzai ancora di più. Altre note mi caddero addosso come morbidi fiocchi di neve. Ogni volta che toccavo una nota questa suonava.
Impazzii di gioia. Cominciai a muovere le mani e i piedi senza sosta pur di toccarle tutte e produrre melodie nuove seppur scomposte e con poco senso. Mi ritrovai a danzare con tutto il corpo tra note, colori, suoni e luce. Una danza a occhi chiusi, di quelle che non importa dove ma come.
Ancora con le palpebre abbassate avvertii chiaramente una mano sfiorarmi il capo. Gentile, delicata. La stessa mano cominciò a scendere sul braccio, stando ben attenta a toccarmi solo con la punta delle dita. Non ebbi paura. Non so perchè. La mano prese la mia e la strinse.
Sbirciai e mi trovai davanti il sorriso più bello che avessi mai visto. Gli sorrisi a mia volta, come se fossimo vecchi amici da sempre. Con l’altra mano mi cinse la vita e cominciò a danzare con me.
A ogni giravolta ci univamo di più. A ogni passo diventavamo più sottili. Fino a quando sparimmo per diventare tutt’uno con l’aria, le note, i colori, i suoni e luce.
Di noi rimasero solo le nostre risate e il nostro profumo, d’amore.
Il giorno in cui diventai pazza è il giorno in cui mi chiesero: “Cos’è per te la felicità?” e io scrissi questo post.